Lettera a un amico buonista
di A. C. dal Giornale d’Italia.
Caro Amico buonista
Spesso ti capita di pensare che io sia cattivo, ignorante ed egoista. In realtà, io penso che il bene comune venga prima di quello del singolo e che i diritti non possano essere scardinati dai doveri.
E’ tutto qui. Non sono cattivo.
Ogni volta che si pensa al bene comune, si impone un minimo di distacco.
E’ la stessa lucidità emotiva che permette al giudice di condannare il delinquente, al professore di bocciare un alunno, al vigile di fare la multa all’automobilista, al medico di prescrivere una dieta severa al cardiopatico.
Le regole non sono state inventate per un inutile gioco crudele, ma per tutelare il massimo numero di persone.
Tutto ciò che protegge la civiltà, la salute, la bellezza, il diritto, comporta limitazioni, regole e sanzioni.
E le regole inevitabilmente fanno male, anche a me, a volte; ma “dura lex, sed lex”.
Non sono ignorante: quella che tu chiami, sprezzantemente, la mia “pancia” è un immediato, intuitivo contatto con la realtà, un ovvio buon senso che forse tu hai un po’ smarrito.
l problema è che in una visione “settoriale” della realtà, come a volte la Tua, non ci si prende mai la responsabilità delle conseguenze del proprio pietismo, pensando a quello che comporterà per il resto della nostra società.
Il rischio è quello di sfilare un mattoncino di qua, uno di là, dimenticandosi della statica generale dell’edificio.
Per uno strano effetto della “compassione acritica” c’è il rischio di essere fautori involontari di un mondo alla rovescia, di una democrazia al contrario dove le minoranze dettano legge alla maggioranza.
Tu pensi che io sia egoista, ma non sai quanto mi costa rinunciare a sentirmi “buono” e fare lo sforzo di pensare cosa comporta il mio atteggiamento per il bene di tutti. Anche il tuo.
Mentre tu sfoggi la tua aureola di benevola tolleranza, io lotto per difendere anche i tuoi diritti a vivere in un paese occidentale civile e non in una confusionaria Babele.
Sto lottando
anche per i tuoi figli, affinché possano crescere con gli stessi ideali di amore e di famiglia nei quali tu sei stato generato e cresciuto.
Sto lottando
anche per tua moglie, o per la tua fidanzata, affinché possano camminare libere e sicure per le strade.
Sto lottando
per difendere anche i tuoi beni dalla rapina e per il tuo diritto di difendere te stesso.
Lotto per difendere anche il tuo posto di lavoro da un meccanismo sovranazionale che strangola la tua azienda.
Lotto contro la mordacchia del politically correct, anche per il tuo diritto di esprimere liberamente opinioni, e per far sì che tu non venga perseguito se non la pensi come tutti.
Quindi, sebbene possiamo pensarla diversamente, prima di zittirmi brutalmente dandomi dell’omofobo, razzista, fascista, sessista, violento, fermati un attimo a pensare: sei sicuro di essere davvero Tu quello “buono”?
Con affetto, Il tuo amico populista.
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