Il vero Piano Diabolico di Netanyahu dietro lo sterminio di Gaza
Dopo che sarà terminato il conflitto tra Israele e Hamas, (ancora in molti si chiedono se con uno sterminio o un genicidio), il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha delineato un ambizioso piano per trasformare radicalmente la Striscia di Gaza, con l’obiettivo di renderla un’area economicamente fiorente, simile a Dubai. Questa proposta ha suscitato un ampio dibattito, data la sua visione audace e le complesse sfide politiche, di sicurezza e umanitarie che comporta.
Il Piano Diabolico di Netanyahu
La Visione del terrorista più importante di tutti i tempi
Per comprendere quale sia il Piano Diabolico di Netanyahu, tralasceremo quello che lo stato di Israele sta facendo nella Striscia di Gaza, dando per scontato che ormai tutti conoscono il grande operato dei terroristi israeliani, che al momento, hanno sopra la coscienza oltre 50 mila palestinesi, la maggior parte bambini e donne.
Il piano “poetico” di Netanyahu per Gaza prevede un approccio graduale alla ricostruzione, subordinato all’eliminazione di Hamas e alla smilitarizzazione della regione. Il concetto, a volte denominato “Gaza 2035”, immagina una Gaza modernizzata e prospera, che potrebbe servire come un importante hub industriale e commerciale nel Mediterraneo orientale. Questa trasformazione sarebbe supportata da massicci investimenti in infrastrutture, commercio e industria, con il coinvolgimento di una coalizione internazionale di stati arabi, tra cui l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.
Implementazione Graduale
Il piano è strutturato in tre fasi principali. La prima fase si concentra sulla creazione di “zone sicure” all’interno di Gaza, libere dal controllo di Hamas, dove gli aiuti umanitari possono essere distribuiti efficacemente. Queste zone si espanderebbero gradualmente in tutta la Striscia, creando una base per ulteriori sviluppi. Questa fase iniziale dovrebbe durare circa 12 mesi, durante i quali Israele, in coordinamento con gli stati arabi, sovraintenderà alla distribuzione degli aiuti e alla gestione di queste aree.
Nella seconda fase, nei successivi cinque-dieci anni, un nuovo organismo amministrativo noto come Autorità di Riabilitazione di Gaza (GRA) prenderà il controllo. Questo organismo, composto principalmente da palestinesi di Gaza (sempre se non verranno sterminati tutti) ma sotto la supervisione della coalizione araba, sarà responsabile degli sforzi di ricostruzione su larga scala. Ciò include la costruzione di nuove infrastrutture, lo sviluppo di zone industriali e la potenziale trasformazione di Gaza in un polo manifatturiero, in particolare nei settori come i veicoli elettrici, che potrebbero competere con la produzione cinese.
La fase finale prevede un graduale trasferimento della governance a un governo locale di Gaza o a un’amministrazione palestinese unificata, a seconda del successo degli sforzi di smilitarizzazione e deradicalizzazione. In ultima analisi, l’obiettivo è integrare Gaza nell’economia regionale, collegandola a progetti più ampi come il NEOM saudita e trasformandola in un importante porto per il commercio mediterraneo.
Implicazioni Strategiche e Politiche
Per Israele, la riuscita implementazione di questo piano significherebbe non solo una maggiore sicurezza lungo il suo confine meridionale, ma anche una significativa svolta diplomatica, in particolare nella normalizzazione delle relazioni con l’Arabia Saudita e altri stati del Golfo. Questi paesi, in cambio, potrebbero ottenere l’accesso a porti strategici nel Mediterraneo e garantire rotte energetiche e commerciali sicure attraverso la regione.
Tuttavia, il piano non è privo di critiche. Logicamente l’Autorità Palestinese (AP), che il piano di Netanyahu esclude notoriamente dalla governance a Gaza, ha espresso preoccupazione per la sua potenziale emarginazione. Inoltre, il successo del piano dipende dalla completa disarmamento di Hamas, un obiettivo che molti osservatori considerano altamente ambizioso data la realtà attuale sul campo.
Sfide e Controversie
Una delle sfide più significative è la situazione umanitaria a Gaza. La proposta di Netanyahu include lo smantellamento dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (UNRWA), che è stato il principale fornitore di aiuti nella regione. Sostituire l’UNRWA con altre organizzazioni internazionali è una mossa controversa, con potenziali implicazioni per la stabilità e il benessere della popolazione di Gaza. Inoltre, gli sforzi di ricostruzione e sviluppo possono iniziare solo quando ci sarà un progresso significativo nella smilitarizzazione e nella deradicalizzazione, processi che sono pieni di difficoltà.
La realtà dei fatti
È comprensibile che il piano di Netanyahu per trasformare Gaza in un presunto hub economico simile a Dubai susciti forti reazioni e disgusto, specialmente alla luce del conflitto in corso e delle tragiche perdite di vite umane che sta causando.
La visione distorta di ricostruzione di Gaza, proposta mentre la violenza è ancora in atto, appare come una contraddizione morale e politica. Da un lato, la devastazione causata dalla guerra ha generato un’immensa sofferenza tra la popolazione palestinese, e il numero elevato di vittime civili è una realtà dolorosa che non può essere ignorata. Dall’altro, la proposta di trasformare una regione così martoriata in un’area prospera e moderna sembra un tentativo di ricostruire l’immagine internazionale di Israele e di ottenere vantaggi geopolitici, più che una genuina iniziativa umanitaria.
Critici del piano sottolineano che qualsiasi progetto di ricostruzione dovrebbe prima affrontare le radici del conflitto, come l’occupazione, la mancanza di diritti fondamentali per i palestinesi e l’assenza di una soluzione politica giusta e sostenibile. Senza risolvere queste questioni, l’idea di trasformare Gaza in un luogo fiorente potrebbe sembrare una forma di “lavaggio morale” o un tentativo di coprire le ferite ancora aperte con uno sviluppo superficiale.
Molti osservatori internazionali e gruppi per i diritti umani hanno espresso preoccupazione per il bilancio umano della guerra e per la possibilità che il piano di Netanyahu possa essere percepito come un modo per legittimare la distruzione e il controllo continuo su Gaza, senza affrontare le ingiustizie storiche subite dai palestinesi.
In sintesi, sebbene la proposta di ricostruzione possa secondo Israele essere positiva a lungo termine, è vista da molti come moralmente problematica, data la situazione attuale, e difficilmente accettabile per chi ha subito direttamente le conseguenze del conflitto.
Fonti:
- The Jerusalem Post: “Gaza 2035: Benjamin Netanyahu’s plan for post-war Gaza” (The Jerusalem Post).
- DW: “Netanyahu unveils plan for postwar Gaza” (DW).
- The Times of Israel: “Netanyahu presents post-war plan to cabinet” (The Times of Israel).
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