Da dove viene il Pensiero?
La domanda “da dove viene il pensiero?” è una delle più profonde e complesse che l’essere umano possa porsi. È una questione che tocca la filosofia della mente, la neuroscienza, la psicologia, la fisica e perfino la metafisica. Nonostante i progressi scientifici enormi degli ultimi decenni, la scienza non ha ancora dato una risposta definitiva, anche se ha formulato molte teorie, alcune più accettate di altre, ma nessuna universalmente condivisa o in grado di spiegare tutta la complessità del pensiero. In questa risposta analizzeremo le principali prospettive scientifiche, filosofiche e speculative sul tema, concentrandoci su ciò che si sa, ciò che si ipotizza e ciò che rimane ancora avvolto nel mistero.

La visione della neuroscienza: il pensiero come prodotto del cervello
La spiegazione più accettata dalla comunità scientifica contemporanea è che il pensiero emerga dalle attività del cervello, in particolare dall’interazione complessa tra i neuroni.
Il cervello umano contiene circa 86 miliardi di neuroni, ognuno dei quali può formare migliaia di connessioni sinaptiche con altri neuroni. Queste connessioni non sono statiche: cambiano continuamente in base all’esperienza, all’apprendimento, all’ambiente.
Ogni pensiero, emozione o percezione corrisponde, secondo questa visione, a un preciso schema di attività elettrica e chimica. Le sinapsi rilasciano neurotrasmettitori (come la dopamina, la serotonina, il glutammato) che modulano l’attività tra neuroni, dando origine a processi cognitivi.
Anche se possiamo osservare il cervello “funzionare”, non possiamo spiegare come da questa attività puramente fisica ed elettrica emerga un pensiero cosciente, un’idea, un’immagine mentale. Questo salto è noto come “hard problem of consciousness” (problema difficile della coscienza), formulato dal filosofo David Chalmers.
Nota: Alcuni scienziati materialisti radicali (come Daniel Dennett) sostengono che la coscienza sia una sorta di illusione, un epifenomeno senza reale “sostanza”, generato dalla complessità del cervello. Ma questa posizione è stata molto criticata, poiché non riesce a spiegare l’esperienza soggettiva (il cosiddetto qualia, ovvero “cosa si prova” a pensare, a vedere il rosso, a sentire dolore).
Teorie alternative e approcci emergenti
Una teoria molto studiata è che il pensiero sia un fenomeno emergente. In altre parole, anche se ogni singolo neurone non pensa, l’interazione globale tra miliardi di neuroni genera una realtà nuova: la coscienza e il pensiero.
Questa è una visione che ha analogie con fenomeni della fisica complessa, come il comportamento delle colonie di formiche o gli stormi di uccelli: ogni elemento individuale segue regole semplici, ma collettivamente emerge un comportamento complesso e apparentemente “intelligente”.
Anche questa teoria, però, non riesce a spiegare il passaggio dall’elettricità al pensiero cosciente, né può rispondere alla domanda: perché l’attività del cervello dà origine a esperienze interiori?
Il punto di vista della fisica quantistica
Una delle teorie più affascinanti, anche se molto controversa, è quella del cervello quantistico. Secondo autori come Roger Penrose e Stuart Hameroff, la coscienza (e quindi il pensiero) non può essere spiegata solo con la fisica classica, ma richiede il coinvolgimento di fenomeni quantistici.
La teoria Orchestrated Objective Reduction (Orch-OR)
Penrose e Hameroff hanno proposto che i microtubuli all’interno dei neuroni funzionino come elementi quantistici in grado di elaborare informazioni al di là del semplice meccanismo sinaptico. In questo modello, il pensiero nasce da collassi quantistici organizzati, che potrebbero spiegare l’imprevedibilità, la creatività e la natura soggettiva della mente.
Questa teoria però non è stata confermata sperimentalmente. Molti neuroscienziati la considerano speculativa, mentre altri la ritengono promettente perché permetterebbe di integrare la mente in un contesto fisico più ampio.
Filosofia della mente: dualismo, monismo, idealismo
René Descartes è famoso per aver affermato “Cogito, ergo sum” (penso, dunque sono), ponendo il pensiero come fondamento dell’essere. Egli separava la res cogitans (la sostanza pensante) dalla res extensa (la materia). Secondo il dualismo, mente e corpo sono due realtà distinte, che interagiscono ma non si riducono l’una all’altra. Questa idea è ancora molto influente, anche se difficilmente accettata nella scienza moderna, che tende a rifiutare la divisione tra spirito e materia.
Alcune correnti idealiste (come quelle di Berkeley, Schopenhauer e in parte Hegel) sostengono che la coscienza sia primaria: è la mente che crea la realtà, non il contrario. In questo modello, il pensiero non deriva dalla materia, ma è piuttosto la fonte originaria dell’esperienza.
Se si accetta questa visione, la domanda “da dove viene il pensiero?” si rovescia: è la materia che deve essere spiegata come prodotto del pensiero.
Ipotesi speculative: coscienza come campo fondamentale dell’universo
In anni recenti, alcuni studiosi hanno proposto teorie radicali che considerano la coscienza come una proprietà intrinseca dell’universo, al pari dello spazio, del tempo e dell’energia. Tra queste abbiamo la Teoria della coscienza integrata (Integrated Information Theory – IIT).
Proposta da Giulio Tononi, questa teoria afferma che ogni sistema fisico che possiede un certo grado di informazione integrata ha coscienza. Secondo questa visione, il pensiero non è esclusivo del cervello umano, ma può manifestarsi ovunque esista un alto grado di organizzazione informativa (persino in una rete neurale artificiale o in un sistema biologico semplice).
La IIT è una delle teorie più studiate oggi, anche se pone interrogativi profondi: se tutto l’universo può avere “coscienza”, allora il pensiero umano è solo una forma locale di un fenomeno cosmico più ampio?
Il pensiero e l’inconscio: siamo davvero noi a pensare?
Sigmund Freud, e dopo di lui Jung, hanno messo in luce il ruolo dell’inconscio: gran parte dei nostri pensieri non nasce dalla volontà conscia, ma emerge da zone della mente oscure e profonde.
L’idea che non siamo noi a “pensare”, ma che i pensieri “ci accadano” (come fenomeni autonomi) è stata esplorata anche in filosofia orientale (buddhismo, advaita vedānta). In queste tradizioni, la mente è vista come un flusso incessante di pensieri automatici, mentre la vera coscienza è l’osservatore silenzioso, testimone di questi pensieri. Esistono anche teorie secondo cui il pensiero individuale sarebbe solo un frammento di un’intelligenza più vasta:
La noosfera di Teilhard de Chardin
Questo pensatore mistico e scienziato francese ha proposto che l’evoluzione dell’universo porti non solo alla vita, ma anche alla coscienza collettiva. La noosfera sarebbe il “guscio mentale” della Terra, una sorta di intelligenza globale che raccoglie e unisce i pensieri di tutti gli esseri senzienti.
Concetti simili si ritrovano nell’idea di inconscio collettivo di Jung, o in ipotesi recenti come la mente globale proposta da Edgar Morin o da autori nel campo della cibernetica.
Conclusione: cosa sappiamo davvero sull’origine del pensiero?
Ad oggi, non esiste una risposta definitiva alla domanda “da dove viene il pensiero?”. Le neuroscienze ci mostrano correlazioni tra attività cerebrale e pensiero, ma non spiegano l’origine della soggettività. Le teorie quantistiche, filosofiche e spirituali cercano di colmare questo vuoto, ma rimangono per ora ipotesi affascinanti e speculative. In sintesi: il pensiero è correlato all’attività cerebrale, ma il meccanismo con cui da processi materiali emerge l’esperienza cosciente rimane un mistero.
La scienza sta ancora cercando di capire non solo da dove venga il pensiero, ma cosa sia veramente la mente. Finché questa domanda resterà aperta, il confine tra scienza e mistero continuerà ad essere estremamente sottile.
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