Perché la Grande Piramide di Giza non sprofonda sotto il suo stesso peso

Grande Piramide di Cheope – foto: Nina (wikipedia)

Il contesto geologico: il substrato dell’altopiano di Giza

Composizione e caratteristiche del banco roccioso

La piramide sorge sull’altopiano di Giza, parte dell’Antico Zoccolo Egitto, costituito prevalentemente da calcari del periodo Eocene e Miocene. Queste rocce sedimentarie presentano un elevata capacità portante, infatti studi geotecnici moderni hanno rilevato valori compresi tra 20 e 100 tonnellate per metro quadro, ben superiori alla pressione esercitata dalla struttura piramidale.

Altra cosa molto importante è l’analisi stratigrafica che conferma una massa rocciosa uniforme, priva di vuoti, faglie maggiori o discontinuità che possano favorire cedimenti. Inoltre il substrato si colloca all’interno di una zona a bassa attività tettonica, con catene deformi lontane e profondità di faglia non direttamente sotto il sito della piramide.

Adattamento al terreno madre

Contrariamente all’idea di un basamento completamente riportato, gli ingegneri egizi sfruttarono il terreno naturale: alcuni blocchi basali poggiano direttamente sul banco roccioso, sono state create piattaforme di calcare livellato e consolidate con malta naturale a base di gesso, per uniformare le irregolarità e il livellamento di precisione (scarti di pochi millimetri sugli angoli) fu ottenuto probabilmente tramite canali d’acqua e aste graduate per misure altimetriche accurate.

Questi accorgimenti assicurarono un contatto perfetto tra pietra e roccia madre, riducendo al minimo vuoti e potenziali cedimenti localizzati.

Principio di stabilità della piramide

La piramide è, per definizione geometrica, la forma più stabile: il suo vertice appuntito trasmette le spinte verso l’esterno, distribuendo uniformemente i carichi lungo i fianchi e la base. In particolare:

  • Pressione alla base: con un lato di circa 230 metri, l’area di contatto supera i 52.900 m², facendo sì che la pressione per metro quadro rimanga inferiore a quella di molti edifici moderni.
  • Autoportanza della massa: ogni singolo blocco è parte di un sistema compressivo generalizzato che valorizza la resistenza alla compressione del calcare e del granito.

L’altezza originale di 146,6 metri (oggi 138 metri) conferisce un rapporto di circa 1:1,57 con la base. Ciò significa che il baricentro si colloca a un’altezza relativamente bassa, minimizzando i momenti flettenti e riducendo il rischio di ribaltamento o cedimenti inclinati.

Nota: All’interno, sopra la Camera del Re, gli Egizi posizionarono cinque enormi lastre di granito a spiovente, separate da corridoi di scarico, che deviavano le forze compressive verso le punte laterali. Questo sistema a cupola capovolta, simile ai moderni archi di scarico, impedisce al soffitto della camera di collassare, distribuendo il carico sui muri perimetrali e sul livello inferiore.

Tecniche costruttive e materiali selezionati

Scelta dei materiali in funzione del carico, precisione e malte

Gli strati inferiori presentano calcare di qualità superiore, con densità maggiore e moduli di Young elevati, capaci di sopportare carichi più intensi. I livelli superiori, meno sollecitati, furono realizzati con pietre di minore densità, riducendo il peso complessivo portato dalle strutture basali.

Le superfici di contatto furono fresate con tecnologia a cuneo in legno e abrasivi, permettendo scarti lineari inferiori a 0,1 millimetri in sezioni campionate. Questa precisione elimina spazi vuoti indesiderati, che in un edificio moderno richiederebbero malte e materiali di riempimento, e crea un contatto pietra-pietra ottimale per la trasmissione dei carichi.

L’uso di malte a base di gesso e calcite ha permesso:

  • Uniformare le micro-irregolarità.
  • Prevenire l’infiltrazione di acqua, essenziale per mantenere stabile l’attrito tra blocchi.

Tali leganti naturali hanno dimostrato una durabilità di millenni, esibendo proprietà autorigeneranti in presenza di microcrepe.

Nota: Strumenti moderni come laser scanner e georadar hanno rilevato: assestamenti complessivi inferiori a 0,3% dell’altezza originaria e micro-crack localizzate, principalmente in zone di cornici e condotti, non compromettenti per la stabilità globale.

4.2. Resistenza a eventi sismici e condizioni ambientali

La bassa attività sismica dell’area e l’eccellente coesione interna della struttura hanno reso la piramide quasi immune a crolli in seguito a scosse di magnitudo moderate. L’assenza di acqua sotterranea mobile nel substrato evita fenomeni di liquefazione, mentre l’erosione superficiale è stata contrastata da restauri controllati e da una forma che non trattiene accumuli idrici.

Teorie alternative e ipotesi speculative

Linee energetiche e geodinamica sacra

Dottrine esoteriche suggeriscono che l’altopiano di Giza si collochi su punti di nodi tellurici, con flussi energetici utilizzati dai costruttori per “fissare” la pietra al suolo. Sebbene non comprovate scientificamente, tali teorie evidenziano l’intuizione antica di scegliere il sito in base a criteri che andavano al di là della mera disponibilità mineraria.

Conclusione

La Grande Piramide di Giza non sprofonda sotto il suo stesso peso grazie a una combinazione di scelta del sito, ingegneria avanzata e tecniche costruttive estremamente efficaci. Il substrato calcarenitico e le piattaforme di livellamento offrono capacità portanti eccezionali, mentre la forma piramidale e la precisione nell’assemblaggio dei blocchi assicurano una distribuzione uniforme dei carichi. A questi fattori si aggiungono sistemi interni di scarico delle spinte e materiali selezionati in funzione della loro resistenza compressiva.

La sinergia tra conoscenze geologiche, geometriche e architettoniche — unite ad accorgimenti sperimentati sul campo — ha permesso di erigere una struttura che, a distanza di quasi cinquemila anni, rimane un emblema di stabilità e durabilità. Più che un semplice monumento funebre, la piramide è un inno all’unione tra la mente umana e la natura: un’opera scolpita nella roccia madre, dove ogni lastra, ogni corridoio e ogni camera racconta la storia di un equilibrio perfetto tra peso e resistenza.

Riferimenti Consigliati

  • J. Lehner, The Complete Pyramids, Thames & Hudson, 1997.
  • K.A. Bard, Soleb: The Temples of the Twelfth Dynasty, University of California Press, 1978.
  • S.C. Vinson, “Geotechnical Investigations at Giza Pyramid Complex”, Journal of Egyptian Archaeology, vol. 102, 2016.
  • R. West, “Structural Analysis of Ancient Egyptian Monuments”, Engineering History Review, 2021.

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