Magia e Denaro: Contrasto o Equilibrio?
La magia è sempre stata avvolta da un alone di mistero, sacralità e ambiguità. Nel corso dei secoli, i maghi, gli sciamani, le streghe e gli esoteristi hanno rappresentato figure di confine, ponte tra il visibile e l’invisibile, custodi di segreti, guaritori e talvolta manipolatori. Una delle questioni più delicate che ruotano attorno a questa dimensione è il rapporto tra magia e denaro.

Partiamo con la domanda più importante in assoluto: “È legittimo che un mago si faccia pagare per un rito o un servizio esoterico? Oppure la natura stessa della magia, intesa come forza sacra e universale, esclude qualsiasi forma di mercificazione?”
Da ora in poi analizzeremo insieme la questione da più prospettive: storica, filosofica, antropologica ed esoterica, per arrivare a comprendere se la vendita della magia sia davvero una profanazione o, al contrario, un modo legittimo di riconoscere il valore del lavoro spirituale.
La magia come atto sacro
Per molte culture antiche, la magia non era un’attività individuale, ma un atto sacro comunitario.
Basti pensare che nell’Antico Egitto, i sacerdoti compivano rituali non per se stessi, ma per mantenere l’ordine cosmico (Maat). Non c’era un concetto di pagamento personale, bensì un sostegno collettivo da parte della comunità o del faraone.
Nell’Antica Grecia: le cerimonie religiose e magiche erano offerte agli dèi e sostenute dalla polis. I sacerdoti ricevevano onori e doni, ma non “tariffe” individuali.
Tradizioni cristiane medievali: i sacramenti erano atti sacri, non commerciabili. Non a caso la Chiesa condannava come “simonia” la pratica di vendere benedizioni o indulgenze.
Questi esempi mostrano come la magia (o ciò che si avvicinava ad essa) fosse considerata qualcosa che non apparteneva al singolo, ma al divino. Per questo, monetizzarla appariva come una violazione del sacro.
Con questi semplici elementi si può capire benissimo, che tra il passato e il presente, c’è un abisso profondo, infatti la maggior parte di streghe e maghi mercifica la magia rendendola puro business. Tra l’altro la maggior parte di essi credono di essere potenti cultori e manipolatori di magia senza esserlo, in pratica tutti diventano streghe o maghi solo perchè hanno letto online 4 cazzate di magia new age o riti di dubbia provenienza. Più che altro sono semplici fattucchieri fake del fine settimana, che ti fregano solo i soldi consapevolmente, o incosapevolmente, perchè convinti di essere realmente maghi o streghe.
Il dono della magia
Un tema ricorrente in molte tradizioni è quello del dono. Chi possiede poteri o conoscenze esoteriche è visto come depositario di un dono che proviene da Dio, dagli spiriti, dagli antenati o dal cosmo.
Vendere quel dono equivarrebbe a tradire la sua origine. In varie correnti ermetiche, alchemiche e gnostiche si sottolineava che la conoscenza doveva essere trasmessa gratuitamente o solo a chi era veramente pronto, perché non era proprietà del maestro ma patrimonio del divino.
Molte leggende popolari rafforzano questa idea: lo sciamano, la guaritrice, la “strega buona” spesso curavano o proteggevano le persone ricevendo in cambio doni simbolici (pane, vino, stoffe, legna). Non si trattava di un prezzo, ma di un gesto di riconoscenza, un modo per ristabilire l’equilibrio tra chi dà e chi riceve.
Molti esoteristi moderni (quelli seri e non i fattucchieri fake) affermano che chi pratica la magia agisce come un canale di energie universali.
Se queste energie vengono vincolate al denaro, si rischia di sporcarle o distorcerle. Alcuni parlano addirittura di una “legge occulta di squilibrio”: il denaro richiesto per un rito potrebbe creare un ritorno karmico negativo e devastante al mago stesso.
In altre parole: se la magia è un dono, venderla significa andare contro la sua stessa natura.
L’altra faccia della magia, il denaro come energia
Dall’altro lato, esiste una visione opposta, quella più conveniente: il denaro non è un “male”, ma semplicemente una forma di energia.
Nella società moderna, il tempo, la competenza e la dedizione hanno un valore che trova espressione attraverso il denaro. Da questo punto di vista, pagare un mago per il suo lavoro non significa mercificare il sacro, ma riconoscere il suo impegno.
Alcuni ordini contemporanei di magia cerimoniale e neopagana sostengono che il denaro faccia parte del ciclo energetico: dare e ricevere devono essere in equilibrio. Se il mago dona energia, tempo e conoscenza, è giusto che riceva un corrispettivo che gli permetta di vivere e continuare il suo percorso.
In questa prospettiva, il denaro è visto come una forma moderna di offerta.
Antropologia dello scambio rituale
L’antropologo Marcel Mauss, nel suo celebre saggio Saggio sul dono (1925), spiegava che in tutte le culture arcaiche il dono rituale non è mai “gratuito”: comporta sempre un obbligo di restituzione, non necessariamente economica ma simbolica.
Nelle società tradizionali: lo sciamano che cura riceve cibo, animali, oggetti preziosi; il guaritore africano riceve tessuti o bestiame; il lama tibetano accetta offerte che non sono “pagamenti” ma sostegno al ciclo spirituale.
Ciò dimostra che il problema non è il ricevere qualcosa in cambio, ma l’intenzione con cui ciò avviene. Quando il dono diventa una tariffa, il rito rischia di trasformarsi in commercio. Non so se mi spiego!
L’abuso e la frode
Storicamente, là dove entra in gioco il denaro, si insinua come avevo accennato sopra anche il rischio dell’abuso da parte dei fattucchieri fake.
Il Rinascimento europeo fu ricco di “maghi a pagamento” che promettevano filtri d’amore, maledizioni, vincite al gioco. Molti di questi erano più ciarlatani che veri esoteristi. Oggi, lo vediamo in forma moderna: sedicenti maghi che online offrono “rituali garantiti” per attirare l’amore o la ricchezza, con tariffe salate.
Questi casi non solo gettano discredito sulla magia, ma tradiscono la fiducia di chi cerca aiuto in un momento di fragilità. Qui il denaro non è uno scambio energetico, ma strumento di manipolazione rivoltante e disgustoso.
Differenze culturali
Il rapporto tra magia e denaro varia molto nelle diverse tradizioni:
Scienze occulte europee: tendenzialmente diffidenti verso la vendita della magia, soprattutto per via dell’influenza cristiana.
Sciamanesimo siberiano e sudamericano: il rito è parte della vita comunitaria, ma lo sciamano riceve sostegno materiale come riconoscimento.
Esoterismo orientale: i maestri zen o tantrici accettano doni, ma non tariffe fisse. L’allievo deve mostrare devozione, non solo denaro.
Occultismo moderno: più aperto all’idea che il mago professionista viva del suo lavoro, purché sia trasparente.
Queste differenze dimostrano che non esiste una regola universale, ma che ogni cultura interpreta il rapporto magia-denaro in base alla propria visione del mondo.
Come accennato, secondo molte dottrine esoteriche, il rischio di vendere magia è quello di creare uno squilibrio karmico. Se la magia è usata per profitto personale, senza rispetto per il sacro, il mago rischia di caricarsi di conseguenze spirituali negative: malessere, perdita di poteri, ritorni energetici.
Alcuni insegnamenti esoterici affermano che “l’oro macchia il rito”: se lo scopo è arricchirsi, l’energia si distorce e il rito perde efficacia.
Al contrario, quando il compenso è inteso come riconoscimento equo, non si crea squilibrio.
Esempi storici di maghi e denaro
- John Dee (XVI secolo): consigliere occulto della regina Elisabetta I, non chiedeva compensi diretti per i suoi rituali, ma riceveva protezione e sostegno economico.
- Aleister Crowley (XX secolo): accettava donazioni, ma non vendeva apertamente i rituali; considerava il denaro una forma di energia utile, ma subordinata alla volontà magica.
- Streghe popolari italiane: nelle campagne fino al ‘900, accettavano cibo o piccoli compensi. Mai tariffe fisse, perché si temeva di “rompere il patto con gli spiriti”.
La linea sottile tra servizio e mercificazione
Arrivati a questo punto possiamo distinguere due scenari, per primo abbiamo la magia come servizio mercificato che vede i riti venduti come prodotti. Promesse di risultati sicuri. Tariffe elevate e fissate in modo rigido. (Qui la magia perde il suo senso e diventa commercio).
Poi abbiamo la magia come servizio riconosciuto. Offerte libere o contributi simbolici. Denaro visto come energia di scambio. Intenzione centrata sull’aiuto, non sul profitto. (Qui il denaro non contrasta con la magia, ma la sostiene).
Ragionamenti mirati per tutti voi maghi e streghe del mondo moderno
Alla luce di tutto ciò, si può dire che: se la magia è un cammino spirituale, la sua vendita è una contraddizione, perché il sacro non si compra. Se la magia è vista come un servizio di aiuto energetico, allora un compenso equo è accettabile.
Il punto cruciale non è il denaro in sé, ma la purezza dell’intenzione. Un mago autentico non vedrà mai il denaro come scopo finale, ma come mezzo secondario. Chi invece fa del denaro il cuore della sua pratica, sta tradendo la natura profonda della magia. Su questo si ci può girare intorno quando si vuole, ma la realtà è questa e non si scappa, se attingi al potere universale gratuitamente, quel potere non puoi farlo diventare una tariffa fissa, PUNTO!!!
Dura ma giusta conclusione
La vera magia non è mai nel denaro, ma nell’intenzione, nell’equilibrio, nella connessione con il sacro.
Ed è forse proprio questo che distingue il vero mago dal semplice commerciante di illusioni.
web site: BorderlineZ















L’ultima riga è epica! “Ed è forse proprio questo che distingue il vero mago dal semplice commerciante di illusioni.”
Zeta ma voglio farti una domanda, tu credi nella magia? Quella riportata nella letteratura seria logicamente, non quella dei maghi su fb
mi affascina molto ma sono fortemente scettico …