Giorgia Meloni e la falsa narrativa sulle manifestazioni PROPAL
Giorgia Meloni e tutti coloro che le vanno dietro – cittadini “meloniani”- un giorno si e l’altro anche, sono sempre pronti a ripetere ogni sua parola e a validare ogni sua decisione. Si ostinano ad affermare che le manifestazioni pro-Palestina non servono a nulla. Non servono, dicono, se non a bloccare il traffico, a complicare la vita del governo. Ma fermiamoci un istante a riflettere.

Bloccare il traffico. Cos’è il traffico, se non un simbolo della routine quotidiana che scorre, anonima e ripetitiva, tra muri di cemento e luci al semaforo? Bloccarlo è una sfida, un atto di disobbedienza civile che mette il potere davanti a un ostacolo, seppur temporaneo. Un atto che disturba, che irrita, che costringe a guardare oltre il proprio comodo ego.
Pensate a Piazza Tienanmen, 1989. Un ragazzo, solo, fermo davanti ai carri armati, fermo come una statua di ferro contro l’acciaio del regime. Il traffico del potere si arrestò per un momento, e quella Piazza è diventata icona, simbolo eterno di resistenza, memoria universale di coraggio. Il mondo non la ricorda per il disturbo alla viabilità o per la complicazione della routine di Pechino. La ricorda per il gesto di chi si rifiuta di restare indifferente.
Eppure, oggi, in Italia, davanti a manifestazioni che chiedono giustizia, che chiedono la fine dell’oppressione, si alzano voci di scherno e di disprezzo. “Non servono a nulla,” dicono. E dietro quelle parole c’è una paura sottile, viscosa: la paura che il potere venga sfidato, anche solo simbolicamente; che le coscienze vengano toccate; che il mondo smetta di girare come se nulla accadesse.
Chi ignora le manifestazioni non solo ignora le vite dei Palestinesi, ma ignora la storia stessa. Ogni grande cambiamento, ogni progresso morale, ogni rivoluzione è cominciata come un ostacolo momentaneo alla normalità: una strada bloccata, un carro armato fermato, una voce gridata quando tutti tacevano. Ogni eroe del passato era un “disturbatore” secondo i burocrati della propria epoca.
Pensate a chi dice che le manifestazioni non servono a nulla: cosa sarebbe successo se quei giovani di Tienanmen avessero ascoltato la stessa logica? Se avessero pensato: “Bloccare il traffico non cambia nulla, complico solo la vita al governo”? La Storia non avrebbe memoria di loro, nessuna icona di coraggio sarebbe rimasta, nessuna verità sarebbe stata illuminata.
E allora, cittadini meloniani, vi sfido a guardare oltre le vostre paure e le vostre comodità. Vi sfido a chiedervi cosa significa davvero “servire a qualcosa”. Serve a fermare la violenza? Serve a creare un simbolo? Serve a scuotere le coscienze? La risposta è sì. Sempre sì. Perché ogni manifestazione, ogni protesta, ogni voce che osa alzarsi contro l’ingiustizia, anche se invisibile per chi non vuole vedere, ha il potere di cambiare la storia, di imprimersi nella memoria collettiva.
Non è mai solo traffico. Non è mai solo disagio. È il segno che qualcuno ha scelto di non piegarsi, di non accettare il silenzio imposto, di sfidare l’inerzia del potere. È un atto di coraggio, e chi lo deride oggi sarà ricordato come colui che scelse la comodità della cieca obbedienza piuttosto che la luce della coscienza.
La Storia appartiene ai coraggiosi. Ai fermi davanti ai carri armati, anche quando nessuno applaude. Ai manifestanti sotto la pioggia, quando il traffico si ferma e i telefoni registrano la loro rabbia. Ai pochi che osano dire: “Non possiamo restare in silenzio di fronte all’ingiustizia”.
E Giorgia Meloni, e i suoi cittadini, e tutti quelli che ridono di queste manifestazioni: ricordatevi. Ricordate che la Storia non si costruisce guardando solo alla comodità del presente. La Storia si costruisce da chi osa disturbare, da chi osa resistere, da chi osa bloccare i carri armati e persino il traffico. Oggi è Gaza, domani potrebbe essere tutto ciò che pensavate di poter ignorare.
Perché chi ride oggi, dimenticando il significato della disobbedienza civile, sarà la statua immobile del futuro: simbolo non di coraggio, ma di opportunismo e cecità morale.
E chi osa, anche fermando solo il traffico, entrerà nella memoria degli uomini come chi ha avuto il coraggio di guardare oltre, di sfidare il silenzio, di cambiare il corso delle cose.
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