Gloomy Sunday, la canzone del suicidio
Poche canzoni nella storia della musica hanno suscitato tanta inquietudine e alimentato così tante leggende come Gloomy Sunday, nota anche come “Hungarian Suicide Song” o “Canzone del suicidio ungherese”. Il brano, nato negli anni ’30 a Budapest, porta con sé un alone di mistero che ha attraversato decenni di storia, guerre, cambiamenti sociali e generazioni di ascoltatori.

La sua fama è legata non solo alla melodia malinconica e al testo drammatico, ma soprattutto alle storie che la circondano: suicidi ispirati dal brano, divieti radiofonici, presunte censure ufficiali, accuse verso il suo autore e persino la morte tragica di chi l’ha composta.
Ma quanto c’è di vero dietro questa leggenda nera? È davvero possibile che una canzone abbia spinto centinaia di persone al suicidio, oppure si tratta di un mito ingigantito dai media e dalla suggestione collettiva?
In questo articolo analizzeremo ogni aspetto di Gloomy Sunday: la sua genesi, le versioni storiche, la diffusione internazionale, i casi di censura, le teorie e le ricerche accademiche, fino alla sua influenza sulla cultura popolare. Un viaggio nella musica, nel mistero e nell’immaginario collettivo che ancora oggi rende questa canzone unica nel suo genere.
Origini di una canzone maledetta
Budapest, anni ’30: l’incontro di due destini
La storia di Gloomy Sunday inizia a Budapest nel 1933, in un’epoca segnata da povertà, depressione economica e tensioni politiche. Il compositore Rezső Seress (foto sopra), ex artista circense e musicista autodidatta, scrisse una melodia cupa e struggente, inizialmente intitolata Vége a világnak (“La fine del mondo”).
Il testo originale era ispirato al senso di disperazione diffuso in Europa dopo la Prima Guerra Mondiale e l’avanzare di nuove minacce di conflitto. Tuttavia, il poeta László Jávor adattò il brano creando un testo diverso, intitolato Szomorú vasárnap (“Triste domenica”), incentrato sul dolore di un uomo che contempla il suicidio dopo aver perso la donna amata.
Questa fusione tra melodia malinconica e testo tragico diede vita a un’opera capace di scuotere profondamente gli ascoltatori.
Prime interpretazioni
Il brano fu interpretato per la prima volta nel 1935 dal cantante Pál Kalmár e riscosse subito un forte impatto in Ungheria. Nel giro di pochi anni si diffuse in Germania, Francia e negli Stati Uniti, con traduzioni e adattamenti.
Il titolo inglese Gloomy Sunday venne adottato nel 1936, quando il brano fu inciso da Hal Kemp e successivamente da Paul Robeson. Tuttavia, la versione più celebre rimane quella registrata nel 1941 da Billie Holiday, che contribuì a renderlo immortale ma allo stesso tempo ancora più inquietante.
La leggenda del suicidio
Già negli anni ’30 iniziarono a circolare voci secondo cui la canzone avrebbe spinto numerose persone a togliersi la vita. I giornali ungheresi e tedeschi raccontavano di individui trovati morti con spartiti accanto al corpo, o di biglietti d’addio che citavano il brano.
A Vienna, una giovane donna si sarebbe annegata tenendo in mano la partitura. A Roma, un ragazzo dopo aver ascoltato un mendicante intonare la canzone si gettò nel Tevere. Infine a Londra, un’altra donna morì di overdose mentre il disco di Gloomy Sunday suonava in loop. Negli Stati Uniti, un giovane studente di college lasciò un biglietto in cui scriveva: “È una domenica tetra, lo farò stanotte”.
Una catena di tragedie?
Secondo alcune cronache, i suicidi legati alla canzone sarebbero stati decine, se non addirittura centinaia. La stampa, a caccia di titoli sensazionali, iniziò a parlare apertamente di “canzone del suicidio”, amplificando il mito e attribuendo a Gloomy Sunday una sorta di maledizione.
L’aspetto inquietante è che molte delle storie sembravano ripetersi con dettagli simili: una lettera d’addio, la menzione del brano, la scelta di morire di domenica. Elementi che consolidarono la leggenda.
Verità o mito mediatico?
Gli studiosi moderni, analizzando le fonti, hanno tuttavia evidenziato come la maggior parte di questi casi non sia documentata in maniera verificabile. L’Ungheria degli anni ’30 attraversava già un periodo di forte instabilità e di alto tasso di suicidi, legati a crisi economica e precarietà sociale.
È quindi probabile che la canzone abbia agito come “specchio” di un disagio preesistente, diventando un simbolo più che una causa diretta. In psicologia, questo fenomeno ricorda l’“effetto Werther”, ovvero l’influenza di un’opera artistica su individui già fragili.
Nota: Alcune fonti sostengono che il brano venne bandito in Ungheria perché ritenuto pericoloso. Tuttavia, non esistono documenti ufficiali che attestino un divieto statale: è più probabile che alcune radio e locali abbiano scelto autonomamente di non programmarlo, alimentando la sensazione di censura.
La BBC e il divieto durato 60 anni
Il caso più concreto riguarda la BBC, che durante la Seconda Guerra Mondiale vietò la diffusione della versione di Billie Holiday. L’emittente riteneva che una canzone così cupa potesse minare il morale dei cittadini durante i bombardamenti tedeschi.
Il divieto rimase in vigore sorprendentemente a lungo: solo nel 2002 la BBC revocò ufficialmente la censura, permettendo di trasmettere la versione vocale. Nel frattempo erano concesse solo le versioni strumentali.
Negli USA non ci fu mai un divieto ufficiale, ma molte radio si rifiutarono di trasmettere il brano, considerate le voci sui suicidi. Si trattava di una forma di autocensura editoriale, senza però l’imposizione di un’istituzione governativa.
L’autore e il peso della maledizione
La storia di Gloomy Sunday è indissolubilmente legata al destino tragico del suo autore, Rezső Seress. Nonostante il successo internazionale del brano, egli continuò a vivere in povertà, suonando in un piccolo ristorante di Budapest.
Seress si sentiva perseguitato dall’ombra della sua stessa creazione: veniva accusato di aver scritto una canzone che “uccideva” e portava sventura. Questo peso psicologico, unito a una vita di difficoltà, lo condusse nel 1968 al suicidio.
Il compositore si gettò da una finestra, sopravvisse alla caduta, ma in ospedale completò il gesto strangolandosi con un filo. Un epilogo che, paradossalmente, consolidò ulteriormente la leggenda maledetta del brano.
Le versioni celebri e le varianti testuali
Billie Holiday: il sogno che attenua l’incubo
Nel 1941 Billie Holiday registrò la versione più celebre, che includeva una strofa finale aggiunta. In questa, l’intera vicenda si rivela essere solo un sogno, quasi un tentativo di “redimere” la canzone e renderla più accettabile al pubblico americano.
Nel corso dei decenni Gloomy Sunday è stata reinterpretata da numerosi artisti:
- Paul Robeson (1936)
- Ray Charles
- Bjork
- Sinéad O’Connor
- Sarah McLachlan
- Diamanda Galás
Ogni versione ha mantenuto l’atmosfera cupa, ma con sfumature diverse: dal jazz al soul, fino alle interpretazioni gotiche e contemporanee.
Analisi psicologica e sociologica
Molti psicologi ritengono che la leggenda di Gloomy Sunday si inserisca in un contesto culturale e sociale particolare. La musica in sé non è in grado di indurre al suicidio, ma può agire come catalizzatore su persone già vulnerabili.
L’associazione costante tra la canzone e i suicidi, amplificata dai media, ha creato una sorta di “profonda suggestione collettiva”.
Il caso richiama il concetto di “effetto Werther”, osservato dopo la pubblicazione del romanzo di Goethe I dolori del giovane Werther. Nel XVIII secolo, il libro scatenò un’ondata di suicidi imitativi in Europa. Allo stesso modo, Gloomy Sunday avrebbe fornito un modello narrativo per chi già contemplava il gesto estremo.
Cultura popolare e influenza moderna
La canzone è apparsa in numerosi film e opere letterarie, tra cui il film tedesco Ein Lied von Liebe und Tod – Gloomy Sunday (1999), che riprende la leggenda con una trama romantica e drammatica.
Anche romanzi e racconti hanno fatto riferimento al brano, rafforzandone l’aura maledetta.
Con l’avvento del web, la leggenda ha trovato nuova vita. Forum, blog e social media continuano a discutere se ascoltare Gloomy Sunday sia pericoloso o semplicemente suggestivo. Molti utenti raccontano di provare brividi e sensazioni di angoscia all’ascolto, alimentando il mito anche in epoca digitale.
Analizzando la storia di Gloomy Sunday, emergono alcune certezze e altre zone d’ombra:
- Il brano è realmente nato come canzone tragica e malinconica.
- È stato effettivamente censurato dalla BBC per decenni.
- L’autore, Seress, è morto suicida.
- Le storie di suicidi di massa legati al brano sono per lo più leggende non documentate.
Ciò che rimane è la straordinaria capacità di una semplice canzone di trasformarsi in un mito culturale globale, capace di influenzare intere generazioni.
Di cosa parla la Canzone? (il testo)
La domenica è uggiosa
Le mie ore sono senza sonno
Carissime le ombre
Con cui vivo sono innumerevoli
Piccoli fiori bianchi
Non ti sveglierà mai
Non dove l’allenatore nero
Di dolore ti ha preso
Gli angeli non hanno pensieri
Di averti mai restituito
Sarebbero arrabbiati
Se pensassi di unirmi a te
Domenica Gloomy
Cupa è domenica
Con le ombre, spendo tutto
Il mio cuore e io
Ho deciso di porre fine a tutto
Presto ci saranno le candele
E le preghiere che vengono dette lo so
Lascia che non piangano
Fagli sapere che sono felice di andare
La morte non è un sogno
Perché nella morte ti sto accarezzando
Con l’ultimo respiro della mia anima
Ti benedirò
Domenica Gloomy
Sognando, stavo solo sognando
Mi sveglio e ti trovo addormentato
Nel profondo del mio cuore qui
Tesoro, spero
Che il mio sogno non ti ha mai perseguitato
Il mio cuore te lo sta dicendo
Quanto ti volevo
Domenica Gloomy
di seguito il video di una delle più popolari versioni della canzone:
Conclusione
Gloomy Sunday è molto più di una canzone: è un fenomeno culturale che dimostra quanto l’arte possa intrecciarsi con la psicologia collettiva e con la paura umana. Non è mai stato provato che abbia causato suicidi, ma il suo potere evocativo è innegabile.
Il mito continua a vivere perché risponde a un bisogno profondo: quello di attribuire un volto, una voce e una melodia al dolore universale, alla perdita e alla disperazione.
Oggi, ascoltare Gloomy Sunday significa confrontarsi non solo con una delle melodie più malinconiche mai composte, ma anche con la storia di un’epoca e con il mistero eterno del rapporto tra musica, emozione e destino.
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